Quante cose poco interessanti, frasi fatte o talmente banali da darti quasi fastidio si incontrano in FB.
Questa sera però ho incontrato questa e mi sono sentita totalmente rappresentata come madre e "educatrice in progress".
Tante cose le ho imparate da altri, tante me le invento, tante le faccio con il cuore, tante sono reazioni ai comportamenti del mio piccolo grande Topolo.
Un anno fa in questo periodo le maestre al colloquio mi hanno fatto un piccolo "agguato". Che si, Tops era didatticamente intoccabile, velocità di apprendimento superiore alla norma, capacità logico-deduttive superiori alla sua età ma...
Non ero nuovi ai "ma" delle maestre: si sono lamentate dalla prima elementare di una sua incapacità di gestire i tempi morti della classe e al mio tentativo di suggerire comportamenti correttivi davano risposte per me non accettabili (della serie "lasciatelo leggere, fatelo lavorare di più..." "eh brava, così va ancora più avanti degli altri, si deve abituare alla noia").
Insomma mi aspettavo la solita solfa.
E invece era una MA diverso: "...ma ha degli attacchi di rabbia che non riusciamo a gestire e temevano che a casa fosse successo qualcosa".
Tralascio le 1000 domande fatte in quel momento e le risposte evasive ricevute, nonchè l'arrabbiatura dovuta al fatto che la cosa succedeva da un po' ma non era arrivata a casa (se c'è un problema convocami subito, non aspettare il colloquio!): questo purtroppo ho capito che fa parte dell'atteggiamento delle nostre insegnanti e quindi vado oltre.
Oddio, più che oltre me ne sono tornata a casa. Piangendo per i sensi di colpa, per non aver visto segnali, perchè forse il mio atteggiamento nei suoi confronti, cattivo esempio... Chi è genitore, può capire.
Non ci ho dormito la notte, ho parlato con chi poteva starmi vicino e aiutarmi a capire.
Poi ecco lo scatto della mamma-tigre: basta piangersi addosso, documentiamoci!
Ho letto blog, siti di psicologia infantile, ho scritto lettere, ho ricevuto risposte.
Poi ho chiamato la Pediatra Adorata (che chiamo poco, ma c'è sempre quando abbiamo problemi). Solita risposta sua, breve ma centrata: "di' pure benvenuti agli ormoni". Cioè? Fase pre-puberale, mi dice. Cosa? a 8 anni e mezzo??? Si, mi dice, fosse stato più grande avremmo avuto altre cose da considerare, ma a questa età propendo per l'ormone in sviluppo.
Ecco, non ero pronta. Ma quindi? Domani devo insegnarli a radersi i baffi?
Metto giù il telefono: da un lato mi rasserena sapere che non devo fargli il test per il consumo delle droghe o affrontare un percorso di psicanalisi in cui potremmo scoprire che il cesareo gli ha lasciato un segno indelebile, dall'altro non so cosa fare.
Faccio con la mente un salto indietro nel tempo a ricordare come ero alla sua età (no, io ero più grande di almeno 5 anni!) e in cosa non mi sentivo compresa: quello che io volevo era solo sfogarmi, quello che mi infastidiva di più era sentirmi dire "non devi arrabbiarti, non devi esser triste, non devi sentirti in questo modo".
Io mi sentivo così, non riuscivo a sentirmi in maniera diversa. E mi sentivo in modo irrazionale, che non sapevo spiegare: mi veniva da piangere? dovevo sedermi per terra e piangere, punto!
Ci tengo come sempre a dire che ho una famiglia meravigliosa, che siamo passati attraverso queste mie tempeste senza grossi danni, che in parte erano tempeste talmente interiori che nemmeno se ne accorgevano a casa.
Comunque, forte di questi miei ricordi, ho scelto il mio percorso con lui: farlo parlare, fargli uscire le cose da dentro, non giudicarlo ma consigliare per il meglio.
Non dire "non devi arrabbiarti" ma "capisco che sei arrabbiato, se riesci a spiegarmi perchè posso capire anche le tue ragioni, ma il modo in cui ti fai prendere dalla rabbia fa male prima di tutto a te e poi agli altri".
Chi conosce Tops sa che il suo "sgranar d'occhi" è coinvolgente, a volte il marpione ne fa un'arma ma in questo caso - e nella maggioranza dei casi, sua innocenza - l'occhione aperto era sincero e desideroso di comprensione. Tant'è che dalla sgranata d'occhi al lacrimone con richiesta d'abbraccio il passo fu immediato.
E così questa è la nostra filosofia emozionale: non giudicarci per ciò che proviamo, provare a spiegarci, provare a capirci e provare ad esprimerci al meglio.
E come sempre, se vale per lui, vale anche per me. E anche io vivo meglio da quando le mie emozioni hanno lo spazio che meritano, pur rimanendo la "sanguigna schietta" che sono.
Inutile dire che le maestre hanno notato il cambiamento, non era quello l'obiettivo. Ma continuiamo il nostro percorso di essere umani estremamente sensibili senza farci snaturare.
Ed è solo questo il nostro obiettivo.
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