Rubo i libri a mio figlio, ne ho letti 5 di fila nelle ultime
due settimane.
Un po’ perché voglio sapere cosa gli propongo come letture,
un po’ perché i caratteri più grandi mi permettono di leggere in tram senza
mettere e togliere gli occhiali da presbite, ma soprattutto perché sono belli, interessanti
e scritti bene.
Mercoledì scorso a teatro abbiamo visto un adattamento di “Perché
mi chiamo Giovanni” di Luigi Garlando, portato in scena da una bravissima
Eleonora Frida Mino. Amiamo molto il libro, insieme a “Io, Emanuela” di
Annalisa Strada li proposi a Federico per ricordare i 25 anni dalla morte di
Falcone e Borsellino. Uno il 23 maggio, l’altro il 19 luglio dello scorso anno.
L’adattamento teatrale è perfetto, rispettoso nelle immagini e nelle parole e
dotato dell’intensità che avevamo percepito in quelle pagine ma che è diventata
realtà sul palco. L’esperienza dopo lo spettacolo altrettanto interessante
anche se non nuova per certi versi. Autore e attrice che si prestano a
rispondere alle domande, che raccontano ai ragazzi da dove vengono le idee e
come grazie alla passione si possono concretizzare. Grazie ai vari incontri con
l’autore proposti da me e dalla scuola, non siamo nuovi a certe esperienze. Ma
le apprezzo sempre.
Mi ha colpito molto una frase di Luigi Garlando: “quando scrivo
mi sento molto responsabile, penso che quello potrebbe essere il primo libro
che un ragazzo legge e quindi se gli piace o no potrebbe determinare il suo
amore per la lettura”. Perdonatemi, non credo di aver riportato le esatte
parole ma di certo il senso.
Questo è un altro dei motivi per cui leggo i libri che
propongo a mio figlio. Perché voglio cercare di capire se l’autore ha scritto
con questa responsabilità e se posso affidare al suo scritto la passione per i
libri che ho cercato di trasmettere a mio figlio da quando era piccolissimo,
con forza, impegno e tenacia.
La risposta è quasi sempre si, che bella sensazione. Bella perché
mi sento meno sola nel ruolo di educatore e formatore di questo piccolo uomo, perché
non sono l’unica a “predicare” su certi temi, perché c’è anima, azione, divertimento, ottima
scrittura, perché anche io torno ragazza nel cuore. Perché spesso trovo parole
che ho cercato dentro di me per comunicare con lui e allora gliele sottolineo
per fargliele percepire. Allo stesso modo, quando tocca a lui leggere, ne trova
altre e così arricchiamo insieme il nostro vocabolario emotivo.
Poi capita che un libro sia piaciuto a me ma non a lui o
viceversa. Ma non è un dramma, anzi. E’ confronto.
“Non mi è piaciuto” o “mi è piaciuto” precedono sempre
un perché. E le ragioni vanno rispettate. Ci si ascolta reciprocamente e ci si
rispetta nel dialogo anche quando le idee divergono. Senza modificare i nostri sentimenti reciproci, anzi avvicinandoci di più nella diversità. E questo è un enorme
insegnamento di vita.