mercoledì 25 settembre 2019

GRETA E GLI ALTRI (DI CUI UNO IN CASA MIA)


Dato che siamo una famiglia che ascolta (selettivamente) la radio e guarda (selettivamente) i telegiornali, è praticamente impossibile per noi ignorare Greta Thunberg.

Quando sono iniziati i #Fridaysforfuture, l’allora dodicenne di casa mi fece una scenata perché voleva scendere in piazza, perché i suoi amici (alcuni) sarebbero andati, perché la mia generazione aveva rovinato il loro mondo.
L’ho lasciato parlare con la sua foga da 12enne, pensando con amore “ci siamo, è arrivato il suo momento”.

Si perché ognuno di noi, chi più e chi meno, ha vissuto il momento “cambio il mio mondo”, quel periodo in cui gli ideali sono grandi e importanti, i sogni hanno sempre la meglio sulle reali opportunità e si rifiuta la vita tranquilla che i nostri genitori hanno sempre voluto offrirci, facendo spesso tanti sacrifici per farlo.

Ben conscia di tutto questo, ho tenuto però il mio ruolo di madre e ho rilanciato.

“Benissimo, però se ci credi così tanto allora si cambia vita: no ai vestiti firmati ma nemmeno a quelli low cost, pochissima carne rossa, si mangia quello che c’è, a morte i fast food…” E man mano che andavo avanti e facevo esempi concreti oltre al momento della manifestazione lo vedevo fare passi indietro e prendere coscienza che, va bene urlare slogan ma, non basta quello. Abbiamo letto insieme le notizie sullo stile di vita di Greta, chi è, cosa fa, perché lo fa. E abbiamo cominciato a farci domande e darci risposte. Del tipo “lei non va a scuola, ma questo per noi non va bene”, “lei non prende l’aereo, noi lo prendiamo poco ma siamo disposti a rinunciarvi completamente?”. Poi abbiamo anche preso coscienza di quello che già facciamo: la raccolta differenziata (si, anche l’olio esausto e le gite all’isola ecologica quando serve), muoverci spessissimo con i mezzi pubblici anche quando la macchina sarebbe più comoda e veloce, diminuire la quantità di plastica che acquistiamo preferendo cibi sfusi e freschi e altre piccole cose, insieme a tutte quelle che possiamo fare ma non facciamo.
E alla fine il mio lapidario “Comunque a 12 anni in manifestazione da solo non ci vai, ti accompagnerei volentieri ma non posso assentarmi dal lavoro”.

Fine.

Fino alla scorsa settimana.
Quando torno a casa una sera e mi sento chiedere “Potresti informarti a che età posso iniziare a fare i campi estivi di volontariato?”. Lascio perdere i dettagli su quanto detto dopo questa domanda, un bel confronto di buon senso ma poco rilevante in questo momento.
E di nuovo questa settimana “Venerdì voglio andare in manifestazione” e di nuovo il mio no per gli stessi motivi dello scorso anno.

Tutto questo succede in casa mia, mentre sui social questa ragazzina viene massacrata da mille commenti inappropriati. Perché è brutta, perché è disturbata, perché è manipolata. Io leggo e poi penso al “Gretino” che ho in casa, che ha paura che il suo mondo sparisca nel 2050, che ripudia la guerra anche quando è lontana, che vorrebbe fare ma si sente frenato da me (quando in realtà è frenato da sé stesso e dalle sue contraddizioni, come è normale alla sua età). Lo lascio sognare, lo lascio proclamare ma non perché so che si spegnerà da solo ma perché è giusto che alla sua età inizi a reclamare il suo futuro ideale. Poi le sue scelte le farà e io spero che abbia la forza per mantenere alcuni dei suoi grandi ideali. Ma perché lo devo attaccare, denigrare, mortificare adesso che ha ragione. Adesso che l’artefice del suo destino sono io, che chi plasma il suo mondo futuro -sbagliando tutto- sono gli adulti. E io prendo di nuovo energia da questa sua voglia di essere diverso, discuto e rimetto in discussione le mie scelte e i miei comportamenti e cerco di accompagnarlo verso un mondo che spero sia migliore di oggi.

Ecco perché io guardo Greta con ammirazione, con l’ammirazione di una madre. Perché sinceramente la dietrologia non mi interessa, perché anche se fosse solo un simbolo, Greta rappresenta i nostri figli e in alcuni di loro induce anche pensieri e riflessioni più nobili di quanto noi genitori, con i sogni sgretolati dalla vita reale, siamo in grado di ispirare.

Ben venga quindi Greta e anche le sue contraddizioni.

Come mi disse una volta un prete particolarmente ispirato “nessuno di noi è santo e sarebbe strano volerlo essere, ma le vite dei santi sono qui per ispirarci ad essere migliori”.

Un’ultima cosa: la mia Greta Thundberg si chiamava Cat Stevens.
“How can I try to explain ‘cause when I do it turns away again
it's always been the same, same old story
from the moment I could talk I was ordered to listen
now there's a way and I know that I have to go away
I know I have to go

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