lunedì 18 ottobre 2021

DI COLAZIONI AL BAR

 

Un post di oggi su FB della “The Pozzolis Family” mi ha risvegliato questa sera un sacco di ricordi.

Mai fatto colazione al bar da piccola, al massimo la brioche dopo il prelievo a digiuno mentre papà si prendeva un caffè. Giravano pochi soldini in casa ed eravamo abituati a risparmiare a partire dalle piccole cose.

Quando sono cresciuta e i miei avevano negozio in centro città la colazione al bar era sinonimo di lavoro: mi alzavo presto la mattina per andare con loro in negozio a lavorare e dopo un’oretta chiedevo “posso andare a fare colazione?”. Era un po’ la mia ricompensa.

Arrivata a Milano, la colazione al bar era quella del venerdì quando in appartamento erano finiti i biscotti e non si faceva più la spesa fino al lunedì successivo: al bar dell’università ti concedevi brioche e cappuccino trascinandoti dietro il trolley. Oppure la mattina dell’esame quando giravi il cucchiaino nel cappuccino e mentalmente ti ripetevi le ultime cose che avevi studiato.

Poi il bar è diventato per me sinonimo di caffè. Il 90% delle volte in cui entro, solo quello prendo: in piedi al banco, veloce, un sorso massimo due sperando che la tazzina non sia bollente.

Finchè non è arrivato Federico. Per lui la colazione al bar è sinonimo di viaggio, difficilmente la facciamo quando siamo a Milano, anche se io continuo a prendere i miei caffè ogni volta che esco e conosco quartiere per quartiere i caffè e i servizi offerti (qualità, acqua a parte, cucchiaino di panna...).

Però se gli chiedi "ti ricordi la prima colazione al bar" ti risponde sicuro "il primo giorno di asilo". Non è un suo ricordo vero, ma l'avevo fotografato e gliel'ho raccontato mille mila volte: il barista gli aveva fatto la tazzina con dentro la schiuma di latte e una spolverata di cacao. E insieme un pain au chocolat.

Quando ha compiuto 6 anni l'ho portato a Parigi e lui si ordinava da solo "pain au chocolat, merci" a colazione: sapeva dire solo quello in francese e tutti quelli a cui lo chiedeva gli facevano grandi sorrisi, perché la pronuncia era terribile (è difficilissimo dire la nasale “ain” a 6 anni!) ma si faceva capire ed era fiero ed orgoglioso quando lo diceva.

Persino in boulangerie lo avevo mandato avanti dandogli i soldini contati per comprarsi il suo dolcetto. Il signore dall’altra parte del banco gli aveva risposto, nel tentativo bonario di fare conversazione, e lui aveva fatto una di quelle facce che gli venivano così bene da bambino – sgranata di occhi e boccuccia tremante – perché per un attimo aveva avuto paura che non gliel’avrebbero dato. Io ero dietro di lui ad osservare, gli ho messo una mano sulla spalla per confortarlo e lui ha ripetuto “pain au chocolat s'il vous plaît”, un po’ più forte, un po’ più deciso, allungando la mano con i soldini. Mi ricordo che il boulanger a quel punto mi ha guardato e mi ha detto “le petit a du caractère” e gli ha fatto un bel sorriso con i baffoni bianchi porgendogli quanto richiesto mentre Federico si allungava in punta di piedi per posare i soldini e prendersi quello che gli spettava. Poco importa che la cassa fosse da un’altra parte, il signor Baffuto ha preso i soldini con una mano e gli ha allungato l’altra mano per stringerla ad un piccolo uomo. Che si è girato, mi ha dato la brioche perché io la custodissi e si è allungato di nuovo sopra il bancone in punta di piedi per farsi stringere la manina, dicendo “merci, au revoir”. E poi è uscito tutto fiero dal negozio mentre io lo seguivo ancora con il suo tesoro in mano.

Ecco, queste colazioni ce le ricordiamo bene.

E qualche settimana fa, quando per la prima volta è partito in treno per andare a trovare gli amici del mare da solo, mi ha chiamato mezz’ora dopo essere uscito di casa e mi ha detto “mamma, sto bevendo un caffè al bar della stazione”. La voce è quella di un uomo ormai, non era certo il suo primo caffè e non oso pensare quanto zucchero abbia messo in quella tazzina. Ma era il suo primo caffè al bar da solo e sono sicura – anche se non l’ho vista - che la sua espressione era la stessa di quel bambino di 6 anni che camminando sui marciapiedi di Parigi si gustava il suo meritatissimo pain au chocolat.

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